martedì 21 luglio 2020

sul viale del tramonto o qualcosa del genere

Sto terminando di leggere "la vita gioca con me" di Grossman. E da tutti questi, tanti libri, sempre "terribili" che ho letto da gennaio ad oggi, ho imparato tantissimo e tantissimo mi hanno dato. Poi riprenderò a leggere il libro di Mariella Fabbris che avevo un attimo accantonato, perchè troppi ricordi e un pò di malinconia. Ma poi ritorno.


Fra non molto, a fine agosto, toh giorno del mio compleanno, inizierà il festival Odissea, quello dei vent'anni, quello dell'ultimo atto. Quando scriviamo le presentazioni, quelle che scrivo io , Zappalaglio dice che fanno schifo e di rimando io a lui. Questa volta, senza bisogno di correggere o aggiungere nulla ,  lui ha scritto una breve presentazione, forse non perfetta a livello linguistico, ma lucida, essenziale, emozionante. Gli ho detto :"va bene così", non c'è da cambiare nulla. Vent'anni, tante storie, tante persone incontrate. Dai primi anni, festival lunghissimo con tanti spettacoli, ad oggi, un pochino spettinato, pochi comuni, ma orgoglioso di sè. L'ultimo anno. Io già da due anni avevo deciso questa cosa, Zappalaglio un pochino titubante, ma alla fine " si è arreso" e convinto. Senza malinconie. Poi cosa succederà dopo, non lo sappiamo. Zappalaglio mi butta già delle idee, io rispondo :" aspetta". 

Quest'anno il lockdown, non sappiamo come sarà l'inverno, speriamo non a fine agosto settembre. 
Amo questa professione e le tante persone, artisti, tecnici, pubblico che abbiamo incontrato e abbracciato. 
Ma il lockdown ha tirato fuori in me una inquietudine, una insopportabilità che durano da anni. Tanti si sono lamentati, oddio i teatri chiusi, ma le realtà , i teatri, le produzioni, i centri e via dicendo, hanno preso soldi senza investire nulla. Fregati sono gli attori , i musicisti, i tecnici, le maestranze, tutte quelle persone senza una realtà alle spalle se non il loro lavoro. Ma non voglio parlare di questo. Ritorno al libro di Grossman , l'ultimo di una lunga serie di mie letture che avevano dei punti in comune: l'identità, la casa, la memoria, il viaggio, la fuga, la paura. E mi ci sono avvolto in pieno. In storia non sono mai stato una cima, della ex jugoslavia sapevo poche cose , quello che sapevano tutti. Questi pensieri dal libro di Grossman e ho fatto una ricerca per approfondire. Sapevo in linea di massima come Tito fosse uscito dagli accordi con l'unione sovietica, ma non sapevo che fine anni 40, primi anni 50, tutti i dissidenti o presunti tali, "collaborazionisti" di Stalin, venivano incarcerati e processati e spesso ammazzati in maniera sommaria. Buttati li in quella isola-lager della Croazia, l'isola Calva. Ma è altro il mio ragionamento. 

Fine anni 40, primi anni 50, dopo già i grandi esodi della guerra e del subito dopoguerra, da tante parti , Europa, Europa dell'est, tanta gente, tantissimi motivi, inizia a fuggire e non solo gli Ebrei che andavano in Israele. Ora cito i due paesi che mi interessano, sempre fine anni 40, inizio anni 50. Dalla Croazia fuggono tantissime persone, oltre quelle già fuggite , per fame, miseria, per le epurazioni e il pugno duro di Tito. Fine anni 40, inizio anni 50, tanta gente, oltre quella già fuggita, fugge dal nord del Portogallo e zona confinante spagnola, per miseria, per paura, per le epurazioni della dittatura. Io so di non avere nel mio dna nessuna traccia di dna italiano. Sono fortissime due tracce: isola di Crès - Croazia e Portogallo del nord- confini Spagna del nord ovest. Quindi un genitore proveniva da una zona e l'altro dall'altra. Forse loro erano già italiani , ma allora senz'altro i loro genitori provenivano chi dalla Crozia, chi dal Portogallo. Leggendo il libro di Grossman e il fatto che i protagonisti riprendano tutto con una videocamera, mi fa pensare che anch'io avrei desiderato registrare. Avevo comprato anche un registratorino, ma non mi sembrava bello nei confronti di mia madre , dato che non avrebbe accettato questa idea. Perchè le parole che mi ha detto negli ultimi anni sono tantissime e in queste tantissime c'è , c'era, la verità. Chi mi conosce , chi mi legge, magari sta pensando: "ancora?". Si. Ho cercato per anni, non ce la faccio più a cercare, sono stanco, non devo trovare qualcuno, ma solo la verità. Quando avevo letto il libro di Giulio Cavalli "mamma santa" ci sono rimasto male. Uscivano fuori dei rancori e frasi anche poco piacevoli, nei confronti della propria madre naturale, ma anche di quella che lo aveva adottato. Io non ho nessun tipo di rancore, neanche rabbia. Sono solamente grato per il fatto che la mia vita si sia svolta così. Però questo sapere cosa è successo,  ne avrei bisogno. Per togliermi dal torpore in cui mi sono cullato in questi ultimi anni. Un pò come il raglio dell'asino dell'Idiota di Dostojevsky. 

Di tutte le tante parole che mi diceva mia madre, a volte lucida , a volte persa nei suoi pensieri, venivano fuori 4 fratelli, tre maschi e una femmina, continuamente evocati, e un padre di questi miei ipotetici fratelli ,morto di morte violenta, a volte mia madre diceva suicidio, a volte omicidio. Un colpo di pistola. Mia madre non ha mai voluto parlare nè "della madre dei miei quattro fratelli", nè della "mia". Ancora non so se sono persone  e situazioni diverse o le stesse. Solo una volta pochi giorni prima di morire, mia madre mi ha detto, quasi urlato che non conosceva mia madre, l'aveva vista solo una volta, nel momento in cui partoriva. Del mio presunto padre mi ha raccontato di più, tipo che Enzo era il nome che lui avrebbe voluto per me. Mio padre che mi ha cresciuto non mi avrebbe mai chiamato Enzo, infatti all'anagrafe sono segnato Giuseppe e sul certificato di battesimo è uscito anche che avevo un terzo nome :"Paolo". Che da quando lo so, trovo orribile il nome Paolo. Per cui le mie ipotesi non sono tantissime ( sempre in base ai discorsi di mia madre). Nato da una donna che forse non sapeva neanche chi fosse "l'inseminatore" o che se lo sapeva, non poteva tenere il bambino. Una disgrazia, per cui il bambino nato, l'ultimo era da dare via, altrimenti il collegio. Un padre, ufficiale della guardia di finanza, proveniente da zone croate e una madre di origini portoghesi . Una famiglia povera che ha bisogno di sbolognarsi l'ultimo figlio, per salvare gli altri. (nessuna di queste ipotesi esclude le altre) .Poi vabbè c'è anche il classico del neonato buttato in un fosso, ma questa ipotesi per me, non mi piace. Ho diversi motivi per pensare alla guardia di finanza. Avevo anche telefonato e scritto alla guardia di finanza di Forlì ( ho dei motivi e non andavo a casaccio) ma non mi hanno mai risposto. L'altra cosa che mi tramortisce, è che ho la sensazione che tanti sappiano, ma che nessuno voglia parlare. Come il comandante dei carabinieri della caserma del paese vicino che mi ha ascoltato al telefono, non mi ha voluto ricevere e mi dice che di allora non ci sono più documenti ( e quella era una zona calda della Romagna) perchè erano troppi e li hanno distrutti. E non c'è stato verso.  So che le origini non te le da il tuo dna, non completamente, però c'è questo mio bisogno di fuga continua che inizia ad essere pesante. Ora avrei ancora voglia di fuggire, ma ho paura. Non so cosa succederà il prossimo anno nè dove sarò, però con la vecchiaia mi sto aggrappando a tante cose  quasi a volere delle radici che non ho mai voluto. A cominciare dagli amori o dalla casa. Qua ho degli amici, storie importanti e sono loro la mia famiglia. Avrei voglia di fuggire ancora, ma il mio corpo e la mia testa incominciano ad essere stanchi. Non mi farebbe paura ricominciare, sono sempre andato allo sbaraglio, è la paura di perdere questa mia "famiglia" che mi sta frenando. Per cui, un pò "sulla via del tramonto", un pò il mio stato catatonico, sono qua. In attesa. Continuo a scrivere di me e di queste cose, ogni tanto metto una mia foto sui social (e odio farmi fotografare e mettere mie foto) con la speranza che prima o poi qualcuno possa leggere e potersi riconoscere. E magari cercarmi. E allora gli direi : non voglio niente, non devo avere niente, neanche amicizia o affetto o frequentazioni, voglio solo sapere". Anche se il sapere mi dovesse fare impazzire. 

Sto finendo il libro di Grossman e sto ritardando perchè non so come sarà il finale, non credo rose e fiori. Queste fughe e questa ricerca ossessiva di ciò che è stato , me le sento molto vicine.
I tramonti una volta mi mettevano malinconia, oggi è più una questione di saudade che come dice Wikipedia :" saudate, portoghese, brasiliano. E' un termine che deriva dalla cultura, prima galiziano e portoghese e poi brasiliana e indica una forma di malinconia, un sentimento affine alla nostalgia..." Suppergiù. ciao

giovedì 9 luglio 2020

Brevissimo romanzo inutile di mezza pagina

PROLOGO: ieri su fb, parlavo di romanzi e il desiderio di trovarne uno con pochi personaggi, senza tanti pensieri e cortissimo, così ho deciso di scrivermelo da solo.

TITOLO
LA SPENSIERATEZZA DEL TOPO


Lui, il senza nome, socchiuse le finestre dato che faceva troppo caldo. Aveva fame e raccimolò dal frigorifero gli avanzi dei giorni precedenti.  "Sono ancora buoni, sono andati a male? boh!". Poi all'improvviso gli venne voglia di fare all'amore. In maniera pressante, come neanche si ricordava. Prese una birra gelata, andò in camera da letto e si spogliò. Poi si guardò "no fare l'amore ancora da soli no". Si dimenticò della birra, si rivestì - anche perchè nudo faceva un pò schifo - e si addormentò. Sognò mari in tempsta e fragili barchette allo sbando. Sognò lupi ululare alla luna e caprioli abbaiare in calore. Sognò montagne piene di neve che si scioglievano e diventavano fango. Sognò qualcuno che russava e si svegliò. Spostò le tende e andò al balcone. Lì, sul balcone di fronte, il vicino , grasso con la pancia all'aria e mutande che avevano visti tempi migliori, stava russando beato insaccato dentro uno sdraio troppo piccolo per lui. Un topo continuava a correre avanti e indietro cercando riparo dal caldo. Lui il senza nome, iniziò a battere le mani per  allontanare la bestia che continuava il suo avanti e indietro che sembrava una danza. Il vicino si svegliò, si grattò la dove le mutande un tempo erano state tali e :" cosa ghèt dè hardà pò, cojò " - "incùlet". Dall'altro lato , altro balcone, una grossa vecchia signora  infagottata in uno striminzito , una volta costume da bagno, con le cosce , la pancia e le tette che cercavano di scoppiare, continuava a farsi aria con un pezzo di cartone e continuava a ripetere come un mantra: "fa colt, fa colt, fa colt" - "pota". Il vicino si era riaddormentato e la pancia continuava ad andare su e giù seguendo il flusso del russare. La vicina con un mestolo si cospargeva di acqua. Il topo, dopo avere preso confidenza delle cosce, mutande e pancia del vicino , aveva inizato a danzare sulla ringhiera del balcone. Lui il senza nome, chiuse la finestra e ruttò. 

FINE del mio romanzo brevissimo e inutile

EPILOGO: 
traduzione on line dei pezzi in dialetto bergamasco a cura di Marco Zappalaglio

martedì 30 giugno 2020

la vita come araba fenice

C'erano al fiume  due alberi enormi, altissimi, uguali e vicini. Due pioppi gemelli.
Solo loro due in mezzo alla campagna di erba medica.Questo era uno dei miei luoghi magici. Ho tanti luoghi magici . Luoghi in cui mi sento appacificato e a casa. Questi due pioppi erano li da anni. Poi, con le bufere di vento di qualche tempo fa, uno dei due  è caduto. E' stato un colpo al cuore vedere questo gigante disteso a terra. Molte volte anche durante le camminate in notturna, questo era uno dei luoghi di sosta in cui consumare uno dei tanti nostri riti. 

Ora c'è solo quell'altro, ancora erba medica e sullo sfondo i boschi. Stamattina ho capito che anche lui fra non molto crollerà. Non è più dritto, inizia a pendere, esattamente nella direzione dove c'era quell'altro e anche i rami stanno crescendo in maniera esagerata e pericolosa  nella direzione dell'altro albero ormai mancante. So che è stupido e non giusto dare alla natura dei significati umani. Ma mi piace pensare che a questo pioppo manchi moltissimo il suo gemello, avrebbe voglia quasi di abbracciarlo e di raggiungerlo.
Chiaramente poi ognuno da alle cose i significati che gli pare e stamattina lo guardavo e mi ci riconoscevo. La mancanza che quando diventa lancinante diventa pericolosa. Soffro di catastrofismo e ho inoltre la sindrome di Cassandra. Non riesco ad uscire dal  lockdown ormai  mentale, o quasi. I numeri stanno calando, ma continuano ad esserci e pure troppi. Ma è la mancanza o la possibilità della mancanza che mi atteriscono. 

Mi acquietano il cane e le passeggiate nel bosco. Sempre più brevi perchè non esco da solo e il cane, un pò il caldo un pò l'età non ne ha tanta voglia di uscire.
Leggo tanto e vedo tanti film e scrivo e scopro mondi che non conoscevo. Ieri sera su cielo, rassegna Pride, il film di alcune ragazzine e ragazzini messi in una casa di recupero o di riabilitazione o non so cosa a dovere schifarsi, nel nome di dio, del loro essere persone. Ho letto un articolo su di una casa segreta a  Roma dove ospitano ragazzine e ragazzini maltrattati dalla famiglia perchè gay. Una ragazzina era riuscita a fuggire dai genitori che già avevano preparato una vasca con l'acido. Per lei. Trovo terribile non accettare l'idea che tuo figlio possa essere diverso da quello che tu e la società vorreste per lui. Ma fino al punto di odiarli, massacrali o ammazzarli? Nel nome di dio? La mancanza, sradicati a forza. 

A Bologna, piazza Maggiore, gradini di San Petronio, tantissimi anni fa, avevo fatto amicizia con un ragazzino sardo costretto a fuggire dalla Sardegna perchè i familiari , un finocchio in casa non lo volevano. Viveva al nord, non so. Prima di andarsene a prendere il treno mi ha raccontato che i giorni di festa preparava la tavola e il pranzo per due, casomai qualcuno avesse bussato alla porta. Sempre Bologna, gradini di San Petronio, tantissimi anni fa avevo fatto amicizia una volta ( ogni sera conoscevo persone diverse) con un ragazzino e una ragazzina di Verona, appena fidanzati, gli si era rotta la macchina , poi sono venuti a casa mia a mangiare. Innamoratissimi sembrava, dicevano. Mesi dopo mi telefonano, un giorno lei, il giorno dopo lui e mi dicono che si sono separati. Si erano fidanzati per accontentare le rispettive famiglie, invece avevano capito che avevano voglia di vivere e conoscere altri mondi e altre persone.
Sto ragionando in questi periodi su tantissime cose, principalemnte sull'essere uomo e persona. E più invecchio e più studio, più mi sembra di non sapere nulla. Però alla fine mi restano due parole : mancanza e rispetto. In questi mesi di isolamento che continua e in cui vedo solo qualche volta Marco e il mercoledì sera i giovanotti del laboratorio, le mancanze hanno iniziato a farsi sentire pesanti. Una famiglia che ho avuto e che mi ha amato , ma che mi ha lasciato con diversi casini . Una famiglia naturale che non mi ha mai cercato, pur sapendo da sempre chi ero e dove abitavo e un fratello gemello che continuo a sognare e che mi dice "lasciami perdere io sono morto". E rapporti affettivi, tanti in realtà, da cui sono sempre fuggito. Ecco, mancanza, rispetto e fuga. Mi manca anche un gatto, anni fa desideravo fortemente un gatto rosso e improvvisamente una sera mi sono ritrovato un cosino di poche settimane fra i piedi. L'ho amato , mi ha amato , poi purtroppo è fuggito quando ho deciso di prendere il cane.
O meglio il cane ha deciso di prendere me. Avrei bisogno di un giardino grande , mio per poterci piantare diversi alberi e nel buco, prima dell'albero, metterei qualcosa , un ricordo di tutte le persone della mia vita che non ci sono più. Solo questo potrebbe essere la mia totale elaborazione dei lutti e solo allora potrei ricominciare a desiderare e a sperare, non più pioppo solitario in mezzo al bosco, ma con tante vite attorno che nascono dal lutto. ciao

giovedì 25 giugno 2020

Il dio dei masi

Sempre Val di Cembra e Faver. Diversi mesi  fa mi chiama Sergio e dice :" è morto Aleardo". Sono stato un pò a pensare perchè non lo ricordavo di nome. Nei tre anni passati a Faver e in valle , ho conosciuto tantissime persone, infatti oltre a portare spettacoli nei masi ( il festival si chiamava "masi invisibili") ho presentato anche alcuni miei spettacoli  rivisitati con attori non solo locali.

Inoltre con Sergio,
dal primo giorno abbiamo letteralmente analizzato e perlustrato tutto il territorio. Io Marco e Sergio su e giù per la valle. Poi Marco segue più la parte organizzativa e gli spettacoli altri, io seguo le produzioni, le regie e la scrittutra dei testi. Sergio e sorgente '90 sono la direzione artistica e produttiva.  E Sergio è stato un grande maestro perchè si, ho scritto diversi testi, ma dietro c'era comunque lui, i suoi commenti,le sue dritte, le sue informazioni e pure la conoscenza delle persone da cui ci facevamo raccontare. Erano nati "L'uomo che correva tra le  nuvole "che non so spiegare bene cosa fosse se non uno sguardo poetico e ancestrale sulla valle alla ricerca di quel cuore profondo cui spesso mi sono avvicinato , ma cui non sono mai realmente riuscito ad arrivare. Attori Marco e Sergio con anima musicale di Babol.

 Poi "voglio parlare con Aldo moro",
due versione, ma altrettanto belle, la prima con quattro attrici della valle, la seconda con quattro attrici professioniste. Si parlava di una grande e disastrosa alluvione. Abbiamo visitato i posti, parlato con i superstiti, visto mostre fotografiche . Poi Sergio mi ha raccontato che era arrivato anche Aldo Moro. Allora ho immaginato una signora, una contadina che correva su e giù lungo gli argini e le montagne devastate dall'Avisio sperando di riuscire a parlare con Aldo Moro. Una donna divisa in quattro che ho voluto elegante, non con i vestiti da contadina, una donna forte, orgogliosa, distrutta. Sin dal primo giorno, Sergio mi parlava del ciclismo della val di Cembra. Io non so niente di ciclismo. Si , sapevo che Moser era del Trentino e anche Simoni. Ma che fossero li a pochi chilometri di distanza , Giovo frazione di Palù, no non lo sapevo. 

Eppure arrivando da Lavis, arrivi a Giovo, la deviazione per Palù e un cartello enorme a specificare che li è nato e vissuto Francesco Moser e tutta la sua famiglia.
Molin de Portegnac - Faver
E pur avendo amici imparentati o in stretta collaborazone con Gilberto Simoni o con la famiglia dei Moser, io ancora non sapevo niente di ciclismo. Sergio continuava a raccontarmi e scrivermi degli aneddoti, tante cose, ma la possibilità di uno spettacolo sul ciclismo, proprio non veniva. Daltra parte, il secondo anno (l'inverno per me era il momento delle ricerche e della scrittura) stavo già lavorando al testo di "Volevo parlare con Aldo Moro". Però ho iniziato a studiarmi e a leggere tutto quello che era possibile ( tantissimo) sia su Francesco Moser, la sua famiglia e su Gilberto Simoni. E Sergio mi scriveva, dobbiamo fare uno spettacolo sul ciclismo, dobbiamo fare uno spettacolo su quello, su quell'altro.
Molin de Portegnac - Faver- riunione operativa
Oooohhhhh! Ho iniziato anche a leggere sul ciclismo in Trentino, non solo Palù e val di Cembra e alla fine mi sono ritrovato a studiarmi anche tutti i giri d'Italia, Francia  e Spagna. Ma uno spettacolo sul ciclismo non aveva voglia di uscire. Mi sarebbe piaciuto, con l'aiuto di diversi amici , molto vicini a entrambe le famiglie Moser- Simoni (tra l'altro imparentate fra di loro) fare un incontro pubblico, ma tante questioni non ci siamo riusciti. E Sergio ancora :"si, ma il ciclismo è importante qua in valle". Oooohhhhh! Marco ci propone uno spettacolo che avevamo già presentato a Romanengo, spettacolo molto bello. Su Pantani. Io poi sono romagnolo, i miei genitori d'estate prendevano sempre in affitto a Cesenatico una casina proprio di fronte al "Club Pantani", sulle colline romagnole c'erano grandi scritte dedicate a Pantani, molti amici della valle andavano a Cesenatico in ferie, lasciavano le mogli al mare e loro in bicicletta si facevano i percorsi che normalmente faceva Pantani per allenamento. 

Dico si, va bene.
Sergio non diceva nulla. Il suo era un si molto allungato. Sergio non mi aveva detto che Pantani non era molto amato in valle. Sapevo di grandi problemi suoi e Simoni. Ma quando Pantani era Morto, Gilberto era corso subito a Cesenatico, con grande generosità. Qualche casino è successo, ho cercato di spiegare le mie ragioni, ho perso alcune amicizie cui tenevo tantissimo. Zappalaglio continuava  a non capire i problemi che mi stavo facendo. Sergio Paolazzi che è del capricorno, anche se ti dice un si allungato, ma se poi ci sono degli ostacoli, il si diventa questione di principio. E abbiamo fatto lo spettacolo su Pantani. Poca gente.

  Tanti figli o nipoti dei Moser e dei Simoni corrono o correvano in bicicletta. Aneddoti. Me ne hanno raccontati tantissimi. Comunque Simoni e soprattutto Moser sono , in valle, un mito assoluto, e anche se la gente a volte scherza un pochino, ma è come quando si scherza in famiglia, Moser e Simoni sono il mito. Detto questo mi sono impuntato io e ho cercato di capire, non tanto i campioni, ma la grande importanza del ciclismo in valle. Ho scoperto che Fabrizio ( lui e sua moglie Sonia erano i miei amici del negozietto di Faver) era stato un ciclista professionista e campione, molto amico e quasi coetaneo di Gilberto, ma poi aveva abbandonato perchè si era era innamorato di quella ragazza che diventerà sua moglie e non aveva più voglia di stare sempre in giro. Sergio me ne aveva un pò parlato, poi ho fatto delle ricerche e sono andato in negozio e avevo detto "perdonami Fabrizio, ma non sapevo che anche tu eri stato un campione". Grande sorriso suo e Sonia che rideva e mi abbracciava. 

Poi mi ha raccontato tante cose, fatto vedere foto.
"volevo parlare con Aldo Moro"- seconda versione
E il mio terzo anno in valle, quando avevo preso l'appartamentino in affitto a Faver, lo vedevo tutti i giorni, chiudere il negozio, già in assetto da bici  e ritornava quando il pomeriggio doveva riaprire. Neanche mangiava, si portava dietro una brioche e un frutto. Ho anche scoperto che un altro giovanotto del paese 
( che vent'anni prima aveva partecipato anche come attore agli spettacoli che avevamo organizzato allora) e che mi salutava sempre con "ciao comunista di merda" e poi ci mettavamo a ridere, anche lui era stato un grande campione. O meglio una grande promessa. Una volta l'ho fermato era sul trattore, gli ho raccontato del progetto che mi si stava chiarendo in mente. Lui prima titubante "ma sei venuto a rompermi i coglioni?" ma sempre con affetto e amicizia. Io testa dura volevo sapere il motivo per cui lui, grandissima promessa in tanti sport, non solo ciclismo, ad un certo punto ha mandato a fanculo tutti e poi si era rtitirato. Non posso riferire il contenuto dei nostri discorsi, però si è aperto completamente, poi era commosso, mi ha sorriso e "dammi la mano comunista". Ci sono persone cui magari parli pochissimo, ma cui ti senti legato. 

Poi mi succedeva che il pomeriggio, prima di andare al Mulino di Portegnac per le innumerevoli prove, vedevo un signore. Tutti i giorni, stessa ora, in piedi e tenendo in mano una bici scassata da donna, stesso posto, stava li immobile  a guardare l'orizzonte oltre le motagne. Non era assente, vedeva qualcosa oltre che gli altri non avrebbero mai potuto vedere. Ne ero affascinato. Chiaramente per rispetto e per pudore, non mi sono mai avvicnato e non mi sono mai permesso di chiedere nulla. Ma ero curioso di sapere chi fosse questo signore anziano.
Si chiamava Aleardo, lui si , era stato un grande campione. Una volta addirittura gli avevano rubato le scarpe da ciclista e lui con gli scarponi da lavoro era salito in sella e aveva vinto. Poi tante cose, non solo della vita, l'hanno messo da parte. Guardavo questo signore e immaginavo me anziano. Anch'io potrei perdermi a guardare oltre le montagne e tutto mi è stato chiaro. Ho chiamato Sergio "Sono pronto per lo spettacolo sul ciclismo". 

Non volevo parlare dei grandi campioni, sono già state scritte tantissime e bellissime pagine sui campioni, io non avrei potuto aggiungere nulla di più o di meglio. Però questi campioni esistevano, esistono, la loro presenza è continuamente nell'aria. Speravo di conoscere Francesco Moser, ma non ci sono mai riuscito. Si ho avuto a che fare con tanti del suoi entourage, ma lui non sono mai riuscito a conoscerlo. Volevo conoscere anche Gilberto Simoni e anche se i rapporti si erano un pochino incrinati,ero molto amico di sua sorella e del cognato. Ma tutte le volte che c'era la possibilità, Gilberto scompariva. Una mattina scendendo in macchina dal mulino di Portegnac, mi fermo all'incrocio. In lontananza stava arrivando un giovanotto in bicicletta. Mi ha guardato un attimo, si è fermato, mi ha sorriso, gli ho sorriso. Lo conosco continuavo a ripetermi. Era lui , tra l'altro assolutamente uguale a sua sorella. Era Gilberto Simoni, ma era già scomparso. Volevo scrivere di un perdente, amo i perdenti, un gregario che sognava il ciclismo , che amava il ciclismo e soprattutto sognava di essere alla pari dei suoi grandi campioni, Appunto Francesco Moser e Gilberto Simoni.

Avevo parlato con Sergio e come attore volevo Camillo, personaggio molto particolare, molto bravo. In Trentino i gruppi di teatro amatoriale sono una cosa a parte rispetto ai gruppi amatoriali italiani. A volte sono quasi professionisti, c'è una tradizione antichissima.
Camillo Caresia - Fornace- Ultimr prove
Camillo, che tra l'altro lavorava nel porfido, era regista del gruppo di Fornace oltre che presidente e direttore della banda. Fornace non è val di Cembra, siamo in territorio straniero, alta valsugana, però vicini. Qundo andavo a Fornace a fare le prove, Camillo, era ritornato dal lavoro, era già stato nei campi, aveva dato le direttive al gruppo sia teatrale che musicale e con grande sorriso e fresco come una rosa arrivava e diceva "sono qua". E' stato piacevole lavorare assieme pur con qualche difficoltà.

Però Camillo mi ha aiutato tantissimo anche nella stesura del testo e tutti gli aneddoti che venivano raccontati nello spettacolo facevano parte del suo vissuto. Inoltre cantava benissimo e mi era venuta l'idea che ogni tanto si perdesse a "guardare oltre l'orizzonte" (era il mio omaggio ad Aleardo) e cantava un pezzo d'opera.

La val di Cembra non è grandissima, è un lunga striscia pienissima di vigneti, foreste, montagne spaccate di porfido, poco più di venti chilometri da una parte, poco più di venti chilometri dall'altra divise giù in basso  dal fiume Avisio. Sono diversi paesi e diversi comuni, ma tutti conoscono tutti e tutti sanno le cose di tutti. Avevo deciso di chiamare lo spettacolo "il dio dei masi" (perchè tale si considerava il nostro personaggio anche se arrivava sempre ultimo e spesso le salite le faceva a piedi). Succede che ad uno spettacolo, (Sista Bramini al Roccolo Sauch) io stavo ancora lavorando alle prove, arriva un giovanotto accompagnato da un altro giovanotto che avevamo conosciuto con Sergio e che mi viene presentato come assessore allo sport o qualcosa del genere di Giovo. Io continuavo a guardarlo perchè sapevo di conoscerlo, ma non riuscivo a capire chi fosse. Eppure nella mia rierca avevo controllato foto e curriculum di tutti. Finito lo spettacolo vedo Sergio che parla con Marco e iniziano a ridere. Poi mi arriva Marco e dice "ma scusa tu non hai fatto grandi ricerche sul ciclismo qua in valle?"- "si" - "e non hai riconosciuto quel ragazzo?" - "no" - " si chiama Matteo Moser"- porca miseria , figlio di Diego uno dei fratelli di Francesco e a sua volta fratello di Moreno e Leonardo. In valle chiaramente lo conoscono tutti, è anche amico di miei amici, me lo potevano dire prima. Vado a presentarmi a Diego, tra l'altro  disponibile, simpatico e alla mano e inziamo a parlare. Mi mette soggezzione.  Parliamo tantissimo, mi dice di andarli a trovare, non posso sono sempre in prova e poi c'è il festival, Nel frattempo Sergio aveva tirato fuori il suo asso nella manica. Una vecchia bicicletta da corsa, una delle prime chiamate "Francesco Moser". Arriva la prima siamo in una piazzzetta di Fornace. Io sto lavorando con Camillo su ultime cose, arrivano Sergio e Marco, il gatto e la volpe e ridono. Mi dicono vieni che ti dobbiamo presentare un pò di persone. Io ho paura, non so come andrà lo spettacolo, Camillo è  troppo adrenalinico, non riesco a calmarlo. Vado. Che bello c'è Orietta (sorella di Gilberto), la mamma e Fabrizio il marito. Lei ancora finto accigliata, ma siamo affezzionati e mi abbraccia. Arriva anche Matteo, che bello, lo porto in camerino e gli faccio vedere la bicicletta di suo zio. Ritorniamo in sala e mi presenta una signora, la moglie di Francesco e uno dei figli di Francesco, Poi mi presenta Diego il babbo, (fratello di Francesco) io inizio a sudare, e la mamma. Poi Diego mi dice "vieni con me" e in fondo alla sala c'era seduto il fratello Leonardo con la fidanzata. Mancava Moreno, temevo di svenire.  Camillo da bravo ariete è partito in quarta e in quarta è arrivato. Finisce lo spettacolo, attimo di silenzio , poi boato. Sono andato da Matteo per ringraziarlo perchè era stato lui a convincere buona parte della sua famiglia. Io ero alla regia e alle luci e vedevo che ogni tanto qualcuno di loro mi scrutava e man mano diventavo sempre più piccolo.
Questo era l'ultimo anno del festival . Tante cose, problemi miei personali, stanchezza di tutti, altri problemini, sapevamo che non ci sarebbe stato seguito. Finito l'ultimo spettacolo del festival, "Taiko trio" a Grumès, ho deciso di rimanere in valle ancora alcuni giorni. Senza malinconia, dovevo sistemare un pò di cose e poi decido di farmi una camminata verso Valda e Grumès. Prima mi si ferma vicino Andrea da Verla in bici. Ci fermiamo, chiacchieriamo tanto, ci salutiamo. Poi si faceva tardi, era già il tramonto e decido di ritornare indietro. Ad un certo punto vedo un giovanotto, anche lui in bicicletta, la camicia bianca aperta. Inizia a sbracciarsi e a gridare "ciao Enzo"- "ciao". Era Leonardo Moser. Questa è stata l'ultima immagine che ho impresso della valle di Cembra. Vent'anni prima, quando ero arrivato a Faver avevo visto un ragazzo  anche lui bello, ma una parte della faccia era devastata probabilmente da una delle esplosioni in cava. Questo il primo ricordo che avevo della valle. L'ultimo , Leonardo Moser. Chiudo qua , volevo parlare di tante cose e di tante persone, ma il mio non voleva essere un diario di quei giorni. Volevo solo raccontare di alcuni piccoli grandi incontri, di situazioni e di persone. Per chi vuole, sia sul sito di Piccolo Parallelo , sia sulla pagina fb di Masi invisibili ( che ora si chiama in divenir) ci sono i programmi completi di questi tre anni di festival. Un grazie di cuore a Sergio, a Marco, a tutti giovanotte e giovanotti di "sorgente 90", ai tantissimi attori con cui ho lavorato o che abbiamo ospitato , a tutta le gente della valle,  realmente a tutti un grande grazie e un abbraccio immenso. Dai, alla prossima con altre avventure. ciao

lunedì 22 giugno 2020

Dive, larici caprioli e ancora val di Cembra

 Oggi mi dicevo, ma io non sono solo colline romagnole, Cesena, Bologna, Pumenengo, Romanengo, bassa Cremonese , bassa bergamasca e bresciana e Val di Cembra, però i ricordi sono partiti e allora ancora Valle di Cembra e missà che per un pò di volte.
io a quei tempi
Avevo già detto che fine anni 80, primi anni 90 avevo lavorato per cinque anni , primavera estate per le megaproduzioni di "se in Trentino d'estate un castello" e poi come nel 91 sono finito a Faver. 

Praticamente buttato e lasciato li. Nel 90 avevo un certo aspetto fisico, vent'anni dopo no. A Faver, anni 90/91 avevo fatto amicizia praticamente con tutto il paese, soprattutto con le signore che mi trattavano con simpatia e si confidavano.
se in trentino d'estate un castello, 1990.
Dei tre giovanotti dell'ufficio giovani, uno con gli occhiali,  proprio non lo ricordo, un altro era Sergio e un altro che me lo ricordo bene (dietro consulto telefonico con Sergio, abbiamo deciso di chiamarlo G.H.) poi Maria Pia, presenza fondamentale, dell'apt  con sede a Cembra, ma facente parte di Baselga-Pinè. 

Poi anche Herman e Giovanni, cugini, ma pur Cembrani, il primo ( fisico eccezzionale) appena sposato, arrivava dal Belgio (secoli prima)e continiuava  a mantenere, anche ora, la sua erre francese. 
Faver 1991- momento di pausa
Il secondo, il bello di Faver, era nato in una cittadina sul mare in Liguria e appena poteva fuggiva. Anche ora, dato che abita in Messico (credo) . Vent'anni dopo ritornato a Faver, la prima cosa che mi dice Sergio non è stato "ciao come stai, che bello rivederti", cose che ha detto a Marco. 

A me ha detto " dio come ti sei mantenuto malissimo". La prima cosa invece che ho fatto io, tra l'altro sapendo che a Sergio dava un pò fastidio, mi sono messo alla ricerca del famoso G.H. Dopo mesi, a lavori già iniziati, avevo già incontrato i ragazzi con cui dovevo lavorare, facciamo una camminata lungo la strada di Faver, eravamo Sergio, Marco, Michele e io, ad un certo punto Sergio mi dice :" è lui il tuo amico G.H."
Sergio Paolazzi
Mi avvicino ( nel frattempo ci eravamo scritti diverse mail, ci eravamo sentiti al telefono) e appena dico ciao, G.H. scappa. C'era un muro si è dovuto fermare, io testa dura mi sono avvicinato, ho parlato, l'ho salutato. Sergio, G.H. e Maria Pia sono stati fondamentali vent'anni prima, sono stati la chiave che mi aveva permesso di entrare nel cuore del paese. Non so se con Sergio o con l'altro con gli occhiali, a volte si creavano dei muri incredibili (presumo con Sergio) con G. H. invece amicizia allo stato puro. 

Lui era il paese, i ricordi ancestrali, i segreti di cui uno straniero non dovrebbe venire a conoscenza.
castello di Segonzano
Nei momenti di pausa e di nascosto dagli altri, G. H. mi caricava in macchina e mi portava a vedere l'allevamento di mucche, oppure ci si sedeva in un qualche cocuzzolo e si parlava, neanche troppo. L'ultimo giorno mi ha fatto parte di segreti cui io non avrei dovuto partecipare. Dopo la grande festa e la processione. Infatti poi qualcuno, dopo, l'ha preso a cazzotti. G.H. mi aveva detto una cosa importante anche per il futuro :" ricordati che qua in paese ti vogliamo bene, la gente ti ama. Sei entrato dentro il cuore dei ricordi e hai scoperto e capito molte cose, tu sei come uno di noi, ma non sei uno di noi". Per me fondamentale questa frase. Noi siamo italiani , loro del Trentino, anche se il Trentino, pur non grande è talmente variegato per diversità e culture , da essere tanti Trentino. Comunque gli avevo detto "dai ci vediamo, ci telefoniamo". Mi ha detto, testardo come uno della vergine (ma cos'è sono l'unico uomo della vergine casinista e simpatico?) :"no, è stato un bel incontro, ma tutto si chiude qua". E mi fa rabbia che quando l'ho rivisto, lui si era mantenuto benissimo. Poi era anche alla processione di cui ho parlato nel precedente blog, mi ha guardato, l'ho guardato e basta. 

Comunque Sergio , Marco e Michele hanno riso e mi hanno preso in giro per tanto tempo.
Herman, Michele e Fabio. Prove di Martèn
Comunque da allora avevo mantenuto rapporti sia con Herman,  sua  moglie e Giovanni. Herman è stato anche un attore sia dello spettacolo di allora, sia della nuova versione. A proposito della nuova versione. Stavo lavorando con diversi giovanotti e giovanotte e scelgo Michele per la rivisitazione del nostro spettacolo "Martèn", poi Fabio, un attore di Trento e Herman nel ruolo del fratello maggiore. Non ricordo il nome del posto, ma una frazione di Segonzano, si Sottolona,  un posto meraviglioso da cui si vedeva tutta la vallata. Abbiamo lavorato sodo e arriva il momento della prima. Sapevo che non correva buon sangue fra Michele e Fabio. 


ancora prove di Martèn

Herman no pacifico, aveva già i suoi problemi  e tutto il resto :"enzo dimmi cosa devo fare lo faccio" Ossignùr. Mancano due ore allo spettacolo, chiedo di fare una prova. Vabbè, caldo, vento, nervosismo, i due ragazzini , Michele e Fabio, iniziano ad andare in ebollizione. Io e Herman ci si guardava e si faceva finta di niente. Ad un certo punto, inamissibile durante le prove, i due ragazzini iniziano ad insultarsi con testuali parole :" sei un finocchio, no sei un finocchio te, tu sei una checca, si sono una checca e te sei un rottoinculo"Poi metti che uno è del capricorno, quell'altro del leone, è fatta. Ad un certo punto mi sono incazzato e ho urlato : " l'unica checca qua sono io e tempo due secondi la smettete". Herman in un angolino voleva ridere, ma sogghignava sperando di non farsi vedere. I due ragazzini sono rimasti senza parole e abbiamo ripreso a lavorare. Lo spettacolo andato benissimo, salvo che un lenzuolo ad un certo punto dello spettacolo ha preso fuoco e un vigile, più diva dei tre attori messi insieme, entra in scena, spegne il fuocherello in maniera plateale e prima di uscire dalla scena fa l'inchino al pubblico.  Ci mancava che lo applaudissero. Finito tutto i giovanotti dell'associazione del Mulino di Portegnac mi dicono "Enzo facciamo una resta". Io non sapevo cosa fosse, ho detto si. Mi è arrivato un bicchiere di vino rosso, un teroldego eccezzionale, adesso devi bere tutto d'un sorso. Va bene. Non potevo dire che sono astemio. Non puoi dire ad un trentino che ti offre un bicchiere di vino "non posso bere che sono astemio". Arriva un secondo bicchiere, il teroldego sembrava ancora più buono. Non capivo più niente, tutto girava e ho iniziato a ridere e ho continuato a ridere fino alla mattina dopo. Oggi volevo parlare di ciclismo in valle, del totale appoggio e aiuto da parte di Marco, dell'importanza che ha avuto Sergio come maestro del territorio, dato che mi ha insegnato tantissimo. Anche i nomi degli alberi, ma ancora adesso non so distiguere, un frassino da un pino, da un abete o un larice. Missà che dovrò scrivere tanto sulla valle.
molino di Portegnac - Faver -  capriolo
I primi due anni ero tenuto in ibernazione al mulino di Portegnac, un luogo meraviglioso, tra l'altro ristrutturato e riscostruito da Sergio che è anche architetto. Ero isolatissimo in mezzo ad un bosco di larici (può essere?) e di notte sentivo degli abbai paurosi. Infatti le prime due notti sono fuggito e sono andato a dormire in albergo. Non avevo mai visto un capriolo e tantomeno sentito il suo abbaio che assicuro fa paura. Dai prossime puntate. ciao

giovedì 18 giugno 2020

E iniziamo dalla val di Cembra

Dopo avere scritto tante sciocchezzine, soprattutto su FB, non è che ho voglia di smetterla con le sciocchezzine, ma in questi giorni mi sono venuti in mente tanti episodi e soprattutto tante persone della mia vita. Per cui mi sono dato questo piccolo progetto di raccontare un pò di persone o di situazioni, senza necessariamente seguire un ordine logico o temporale. Quello che di volta in volta mi viene in mente. Sempre con rispetto e spero anche con un pò di ironia.
Sover - Val di Cembra
 


Cominico da Faver , un paese della valle di Cembra in Trentino. E lì ci ritornerò spesso con questi piccoli racconti. Perchè comunque a Faver ci ho lasciato un pò di cuore e anche se i miei amici continuano a dirmi: "ma cosa ci trovi di bello?" io ho sempre trovato Faver e la valle di Cembra meravigliosi. E pure la gente. 

Tanti, ma tanti anni fa, ancora giovani , eravamo stati scritturati come attori, registi e tante altre cose per un progetto importante che allora si chiamava "se in Trentino d'estate un castello". Io conoscevo poco o niente del Trentino, se non alcune vacanze che da ragazzino avevo fatto con i preti.
veduta da Faver - Val di Cembra
Ci sono stato cinque anni, ma del Trentino, allora, non avevo conosciuto praticamente niente, posti bellissimi e tanti castelli. Erano grosse produzioni, si lavorava tantissimo, due giorni da una parte, due giorni da un'altra. Ed  eravamo pure molto blindati, per cui si faceva gli attori, si faceva gli artisti. Si, una bella esperienza che mi ha insegnato tante cose, ma ripeto, rapporti con i "locali" poco o niente. L'ultimo anno, io poi mi ero stancato e non avevo più voglia di andare, eravamo stati mandati dalla produzione in questo paese sconosciuto, Faver, in val di Cembra. E ci lasciano li, a me e a Marco Zappalaglio.
Faver- Val di Cembra
Dovevamo preparare un evento spettacolo con la gente del paese. Con l'Apt e un gruppo giovani abbiamo iniziato a ragionare, a conoscere persone, ad essere guardati un pò strani, ma con simpatia. Zappalaglio è più razionale e lucido rispetto a me, ma meno empatico con le persone. Abbiamo deciso di preparare tante cose, ma non voglio dilungarmi, questa è la premessa per l'altro di cui voglio parlare. Fra le tante cose Una parata con dei musicisti , poi uno dei miei spettacoli con Zappalaglio attore, assieme a due ragazzi del paese. Dovevo tenere sotto scontrollo tutto e mi sono messo a capo della parata, facendomi il largo fra la folla (hanno calcolato più di quattromila persone) e facevo una sorta di matto del paese. Grande successo, siamo stati richiamati anche l'anno dopo, io nel frattempoo ero diventato amico di tutto il paese. Ero allora magrolino, bellino, abbronzatino, piccolino e mi dicevano che stavo simpatico. In più , mi hanno raccontato, che c'era una volta il matto del paese " il moro" e come fisico e gestualità era assolutamente uguale a me. In ogni caso , praticamente un intero paese, mi aveva adottato. Bello si. 


Faver - Val di Cembra
Per anni questa valle e questo paese, mi sono rimasti nel cuore. Succede che vent'anni dopo, Sergio, uno dei tre ragazzi del centro giovani ( in un paese piccolino non ci possono essere più di tre persone al centro giovani) ci richiama. Di Sergio, del festival che abbiamo messo in piedi e del mio ritorno in valle, poi ne riparlo in uno dei prossimi raccontini. Vent'anni dopo io, non più così magrolino e bellino , ma sempre abbronzatino  e dai anche un pochino simpatico, a volte. Sono stato tre anni, ma ne riparlerò più avanti, anche con il ricordo di altre persone. Oggi voglio parlare di un giovanotto ( una volta) che si chiama Claudio - non ricordavo il nome, ho chiamato Sergio - tra l'altro cugini - ricordavo solo il cognome, cosa non difficile perchè a Faver sono praticamente tre o quattro cognomi che girano e basta. Claudio aveva il negozio di scarpe in paese. Faceva di tutto, le aggiustava , le vendeva. Sergio mi aveva detto :" se vai in negozio, lui non ti guarda in faccia, lui guarda solo che tipo di scarpe indossi" . Infatti. Sono andato diverse volte, anche perchè i prezzi erano notevolmente bassi e altre volte con una scusa per comprare delle solette o delle ciabatte. Io parlavo e lui sempre zitto, ogni tanto qualche parola. Molto chiuso, alto alto , magro magro e con un gran nasone, non propriamente bellissimo. Mi stava simpatico. A pelle percepivo che anche io gli stavo simpatico, ma non l'ha mai detto mai dimostrato. Poi che io facessi teatro, fossi li chiamato da suo cugino, fossi già stato in paese 20 anni prima quando in negozio c'era ancora suo padre, non ho mai capito se gliene importasse qualcosa, credo di no. Molto timido , molto chiuso, vabbè conosco la sua storia familiare, a volte alzava lo sguardo come per dire "ma cazzo vuoi da questo paese" però c'era sempre l'ombra sia di un sorriso che di irornia. Non abbiamo mai fatto discorsi se non "buongiorno buonasera come gira il tempo" che a volte mi rispondeva a volte mi guardava con un mugugno. 

Faver - val di Cenbra. Via principale
Il terzo anno avevo preso in affitto un appartamentino  proprio sulla via principale  e di li vedevo tutto il paese. La mattina mi piaceva prendere il caffè affacciato alla finestra e quando Claudio arrivava per aprire il negozio, io lo salutavo, lui mi salutava. un piccolo cenno impercettibile di mano. Succede che un giorno passo davanti al negozio e lui mi chiama. Mi dice che la domenica c'è la grande processione corpo non mi ricordo di chi, mi chiede di partecipare, io gli rispondo figurati, e mi dice che quell'anno a lui l'onore di portare la croce. Gli rispondo che non parteciperò alla processione dato che non sono del paese e dato che non sono troppo credente. 


Ero però curioso di vedere questa processione cui sapevo avrebbero partecipato praticamente tutte le persone del paese. La domenica pomeriggio, mi vesto bene e mi piazzo in un angolino vicino casa. C'era proprio tutto il paese, quasi. Una cosa esagerata, da processioni come se ne vedono al sud.  Davanti Claudio con una croce enorme, lui altissimo e questa croce che sembrava, poi confermato , pesantissima. Tirava un vento forte. Quando sono passati davanti a me, il vento ancora più forte e Claudio faticava a tenere questa croce, un attimo di esitazione, tutto il corteo si è fermato, io volevo scomparire con tutte le persone che mi salutavano, poi Claudio ha ripreso il controllo e prima di avviarsi  mi ha guardato e fatto un gran sorriso, stavolta non accennato, proprio mi stava sorridendo. La prima e unica volta. L'anno, dopo, ormai l'esperienza del festival conclusa, sono ritornato a salutare un pò di persone del paese, sono andato a salutare Claudio, gli avevo portato una bottiglia. L'ha presa come atto dovuto, senza grazie, ma con un altro  sorriso.
Faver, Valle di Cembra . vigneti
Poi ho saputo che ha chiuso il negozio, sia perchè andato in pensione , sia per problemi familiari.Comunque  poi sono tornato ancora a Faver, mi sono fermato davanti al negozio chiuso e ho detto "ciao giovanotto, prossima volta devi essere qua che andiamo a prendere un caffè". Poi non so quando , ma su Faver e la valle di Cembra ci ritornerò anche se non riuscirò a parlare di tutti sennò mi ci vorrebbe una vita. ciao

domenica 14 giugno 2020

e il mio piccolo mondo ridiventa tutto mio

Ricomincio  con il blog dato che è molto più semplice che non scrivere le mie cose lunghe su fb. 
Non so come sia entrato, ma fino a ieri avevo un leprottino in giardino. Io sempre a fare le corse con il cane perchè non lo prendesse. Poi , dato che il leprottino si nascondeva nel garage, avevo costruito un "muro" di protezione (da Peter) . 
Stamattina , solita ora esco per il girettone piscia cacca cane, e il leprottino era sulla strada, davanti al cancello, schiacciato da una macchina. Ho raccolto i vari pezzetti sparpagliati in giro, poi ho lavato l'asfalto. Non volevo che altre macchine passassero sopra quei resti. Mi è dispiaciuto e mi ha reso la mattinata di malumore. Amo gli animali, si e anche le persone. 
Quest'anno qui non ho rondini, però tantissimi passeri. Non ci sono neanche le tortore soppiantate dai piccioni, che quelli no non li amo. Chiaro non metterei mai gli spuntoni di ferro, ma non immaginavo quanta forza avessero. Sulle travi del balcone c'erano delle reti di ferro, ne ho messe altre più pesanti, ma riescono a strapparle e buttarle via. E tutti i giorni grande lotta, pulisci il merdaio, prendi la scala e rimetti la rete.
Avevo letto su consiglio di Mariella Fabbris,  "cambiare l'acqua ai fiori"di Valérie Perrin  L'ho divorato, mi ha infastidito tantissimo e non riuscivo ad accettare l'idea che mi fosse piaciuto. Si il libro mi è piaciuto, ma ci sono troppe cose in cui mi rispecchiavo e provocavano dolore. Adesso sto leggendo "Patria" di Ferdinando Arramburu e poi basta, non ho più voglia di romanzi, voglio ritornare ai saggi e ai trattati di tutto. 
Non è colpa della Perrin se la sua protagonista è orfana , mai adottata da nessuno, però questa storia delle origini è ritornata fuori, veramente non se n'è mai andata. E' lì e rimarrà lì. Oggi ho preso un pò di sole, cinque minuti non di più che dopo sclero. Mi da fastidio prendere il sole, dovrei avere un fiume , un lago o un mare a portata di mano. Il fiume ce l'ho, ma mi è impossibile portarmi dietro Peter e ancora impossibile lascarlo libero e cosa faccio lo tengo legato per qualche ora? Non esiste. Anche se sto possibilmente al'ombra e mi vivo l'esterno molto in mattinata e alla sera, solo l'aria divento scuro. Se poi prendo anche il sole , poi mi ferma sempre la polizia e mi chiede i documenti dicendo che non è vero che sono italiano. 

Ho già riferito tantissime volte dei tanti episodi.  E' da qui, dalle mie vicende personali che ho capito cosa è il razzismo e quanto crudele stupido ignorante ed inutile chi lo pratica. Quest'anno , anche se mi da fastidio, voglio di nuovo rimettermi a prendere il sole e poi faccio vedere a chi adesso mi dice che sono abbronzato. Dopo giorni di malinconie e di "vedo tutto nero" in questi giorni no. Mi piace la mia pelle scuretta, mi piacciono i miei occhi a mandorla e incredibile , addirittura mi sento piacioso e mi piacicono pure i capelli ormai lunghetti. 
Quando erano morti i miei genitori e ho iniziato a raccontare ai parenti le cose che avevo scoperto, una cugina da parte di padre mi dice : " In effetti non c'è nessuno di noi con la pelle così scura" ( a me sembra di essere chiarissimo) . Aggiungo io, nenche piccolo. Una cugina da parte di madre continuava a ripetermi "no non è vero ti stai inventando tutto" e poi l'ho sentita che di nascosto diceva a sua madre (biondissima come mia madre) :"ma in quel periodo c'erano per caso dei negri che abitavano dalle vostre parti?" .  Mi è venuto in mente un episodio di un altro libro che ho letto recentemente "Tradimento, ritorno in sudafrica". Un militare importante, grosso proprietario terriero, estremanete razzista, scopre che la nonna della moglie era nera. E dato che i suoi figli non sono di carnagione chiarissima,  proibisce loro di prendere il sole per paura che possa rivelarsi l'antico dna. Più passano gli anni , più mi ritrovo ad essere affascinato da persone straniere, se poi vedo dei coreani, vado al settimo cielo. 
Prima del covid mi stavo studiando un viaggetto che avrei voluto fare a settembre ottobre. Andare a Porto, noleggiare una macchina, farmi tutta la costa fino alla Spagna e arrivare a Finisterre toccando magari anche qualche zona di montagna. Per cercare un profuno, un colore , una casa, una sensazione. 
Amo i miei genitori (e come ho detto recentemente , mi manca tantissimo non riuscire a fare un salto al cimitero)  anche se di problemi ce ne siamo fatti tantissimi. E comunque anche nei momenti più pesanti, era l'unica famiglia che avevo e non mi interessa, non mi è mai interessato cercarne altre. Però si, il bisogno di capire e di sapere quelli non riesco ad abbandonarli. Il cane sta abbaiando perchè ritiene che da troppo tempo sto al computer e non con lui. Sta arrivando sera e il sole diventa respirabile e il mio piccolo mondo diventa di nuovo tutto mio. ciao